lunedì 15 settembre 2014

Malinconia

È la tesi della filosofia romantica, nonché del pensiero psicoanalitico a partire dal noto pessimismo freudiano: la rincorsa alla felicità è tanto illusoria quanto vacua. I latini ne avevano già intuito la mimesi concettuale con la stupidità e le sue infinite declinazioni. Risus abundat in ore stultorum. 

Oggi "le felicità" sono anche il prodotto di certa maniacalità post-moderna. Guai a non esserne intrisi, pena il sentirsi esclusi, diversi, fuori tempo e fuori luogo. Si è malati perché depressi o viceversa. Ecco allora la cura dei sorrisi, della solarità e del divertimento (banale e ad ogni costo) come antidoti all'umbratile introversione di chi azzarda un pensiero, una ipotesi, una lettura di ciò che accade intorno a noi. Meglio scivolare sul mondo senza porsi una domanda, senza indugiare su un dubbio, senza mai appellarsi a una qualsiasi costruzione di senso rispetto al vivere.


E' forse utile ricordare che la parola melanconia precede, soprattutto concettualmente, la deriva psichiatrizzante e spregiativa della dimensione depressiva. Se è vero che per Aristotele mèlaina cholé (bile nera) è primariamente una malattia, è altrettanto fulgida l'idea che essa rappresenti lo status che consente all'uomo di accendere la scintilla del genio. I grandi poemi greci si fondano sull'indomabilità di un'erranza perennemente malinconica, di una ricerca tragicamente sospesa tra l'essere e il divenire...senza mai giungere a un equilibrio, a un appagamento, a una fine.

La qualità del pensiero di alcune delle persone più intelligenti che mi è capitato di incontrare, in linea con quello che ci rivela Paolo Pinelli (Elogio della malinconia, FrancoAngeli 2008), è caratterizzata da uno sfondo di tipo malinconico; da una divergenza ironica che poco o nulla ha a che vedere con la vaghezza superficiale e indefinibile dell'essere felici.

Ma pensiamo anche ai prodotti artistici più significativi nel campo del cinema, della letteratura, della musica, della pittura di ogni epoca. Essi non rimandano affatto alla felicità, ma all'inquietudine dell'ambiguo e del perturbante; a ciò che è in grado di scuotere nel profondo le nostre (poche) certezze.













The god of man is a failure
Our fortress is burning against the grain of the shattered sky

Charred birds escape from the ruins

And return as cascading blood

Dying bloodbirds pooling, feeding the flood
The god of man is a failure.
And all of our shadows
Are ashes against the grain