sabato 13 giugno 2015

Matteo Salvini, la pochezza della politica e i modelli familiari



Non so a quando risalga il post in oggetto. L'immagine che lo riproduce mi è arrivata tuttavia di recente, via WhatsApp. Non è difficile immaginare che l'amico che l'ha linkata voleva implicitamente provocare ilarità.
In effetti la mia prima reazione è stata quella di abbozzare un sorriso. Dopo un paio di minuti ho iniziato a pensare a uno scherzo; a un montaggio del mio amico se non a una boutade di Matteo Salvini. Dai, non è possibile che sia così stupido, mi sono detto. Qualche secondo dopo, associando la pochezza del personaggio ai contenuti ideologici del suo partito di appartenenza, ho smesso di ridere.

Questo non è affatto uno scherzo, bensì uno dei drammatici sintomi dell'impoverimento culturale del nostro tempo. Una depauperazione cui il mondo politico, anziché sottrarsi producendo cambiamenti, prende parte.

Due parole di commento forse è il caso di spenderle. Poniamoci molto semplicemente su di un piano di "qualità del pensiero". Il contenuto dello scritto di Matteo Salvini, da questo punto di vista, è imbarazzante. Il candidato leader del centro-destra trasforma una sceneggiatura cinematografica in un esempio che pare tratto dalla realtà. In psicologia questa operazione si chiama concretizzazione o reificazione, ossia la riduzione a cose concrete di istanze immateriali, intangibili, astratte.
Si potrebbe tuttavia obiettare che è solo un esempio...in fondo sulla mitologia greca le speculazioni filosofiche e psicologiche hanno costruito ulteriori mitologie e modellizzazioni più o meno fondate (chi ha detto Edipo? Bene, ci torneremo a breve).
Allora proviamo a seguire il nostro Matteo, dando anche per buono il suo ulteriore riduzionismo: quello che, azzerando quasi tutte le variabili in gioco, si concentra sul solo nesso di causa/effetto nello "spiegare" il passaggio di Anakin Skywalker al lato oscuro della Forza, tramite la nefasta educazione ricevuta da due Jedi. Entrambi maschi, è questo il punto! Due uomini, ehi! Oh! Attenzione. Eccheccazzo! C'è un limite a tutto.

Peccato che il limite qui concerne l'intelligenza di Salvini, prima ancora che le sue ristrettezze culturali. L'imbolsito Matteo non sa che la famiglia tradizionale non può iscriversi entro una dimensione "naturalistica", perché è una contingenza storicamente situata.

Il tipo prevalente di famiglia premoderna è quello che raggruppa in sé tre grandi funzioni sociali: innanzitutto quella di integrazione e socializzazione culturale di tutti i membri della parentela ad un comune sistema di leggi a cui attenersi (in cui occupa un posto preminente la religione); vi è poi la funzione economica (e di consumo) connotata da chiusura verso l'esterno e da pochissimi scambi economici; infine la funzione politica, che, comprende tanto aspetti di assistenza reciproca, che di governo e di controllo della proprietà.
Naturalmente ci sono altri tipi di famiglia, quello aristocratica-signorile, per esempio, che ha delegato il lavoro ai gradini inferiori della scala sociale, e ancora la famiglia del proletariato agricolo, che in genere è nucleare, vive ai margini della società ed è esclusa dalla produzione economica. Ma il modello di famiglia prevalente dal punto di vista culturale e strutturale è quello segmentario-patriarcale che incorpora in sé, come si è appena detto, i principali meccanismi di sussistenza e riproduzione della società come un tutto organico.
Il passaggio dalla famiglia parentale-segmentaria, chiusa e polifunzionale, alla famiglia nucleare moderna socialmente mobile e più specializzata nelle sue funzioni implica l'incontro con il mercato capitalistico (http://unilaterale.altervista.org/storia.html).

E ancora:

Ma ciò che ha determinato la completa rottura con il modello precedente è stato il passaggio dalla società industriale connotata, ancora negli anni '60, da forti tratti tradizionali a quella, molto più liberale, ma assistita degli anni '70, che ha determinato nuovi assetti comportamentali che si sono affermati specialmente nelle famiglie della classe media, in particolare a lavoro dipendente, inserite in modo più centrale nei processi di modernizzazione (ibidem).

Forse sarebbe bastato aprire un libro di storia o di sociologia, caro Matteo Salvini. Tra l'altro il nostro eroe connota come tradizionale un modello di famiglia che è contemporanea ed etero-parentale. Oggi, in epoca post-moderna, non esiste un unico modello di famiglia in occidente. Quello etero-parentale è ancora prevalente qui in Italia, certo. Ma le famiglie omosessuali aumentano vertiginosamente. E' un dato di fatto. I cambiamenti sociali esistono e la politica, come stiamo vedendo, non è in grado né di studiarli, né di prevederne le evoluzioni, né, tantomeno, di integrarli (anche) normativamente nei processi di convivenza (fare leggi adeguate ai tempi).

Spero sia chiaro che la mia presa di posizione non c'entra nulla con l'ideologia. Qui non si sta sostenendo la superiorità di una tipologia familiare su di un'altra. Quello che sto scrivendo riguarda l'inadeguatezza a comprendere la complessità, la difficoltà spaventosa nel valorizzare le diversità per provare a sostenerne una coesistenza (già in atto).

Ultimamente qualche psicoanalista pare abbia tirato dentro il complesso edipico per "richiamare all'ordine" le famiglie omosessuali. De tipo: oh, ma il padre qui non c'è. Non ce lo vorremo mica perdere! Oh! Eccheccazzo. C'è un limite a tutto.

Peccato che anche in questo caso il limite è nella testa di chi scrive. L'Edipo non c'entra nulla con la favoletta del bambino che vorrebbe sposare la mamma e far fuori il padre (quindi un padre con l'uccello tra le gambe serve, accidenti...). L'Edipo ha a che vedere con una configurazione triadica che tende a escludere la "terzità" per riprodurre una dualità fusionale, fondata sulla dinamica del possesso e sulla fantasia di una ripetitività endogamica fuori dal tempo.
Il superamento dell'Edipo deve sfociare, in altri termini, nella possibilità che i figli progettino fuori dalla famiglia di origine un qualche, configurabile, futuro relazionale (farsi una famiglia propria, di qualsiasi tipo: dall'endogamia edipica all'esogamia). Ma è evidente come la fantasia di possesso ci accompagni per tutta la vita. Basta far riferimento alla nostra gelosia. Se ne deduce che non esiste nessuna definitiva risoluzione edipica. Siamo esseri antinomici (senza scomodare per forza L'essere e il nulla di sartriana memoria), costantemente immersi nella polisemia del nostro mondo interno e nella variabilità del mondo esterno. Possesso e capacità di condivisione costituiscono i poli di un continuum sul quale non ci poniamo mai definitivamente.

Serve una funzione paterna, certo. Così come una funzione materna nella difficile arte dell'allevare un figlio. Ma si tratta, appunto, di funzioni, non di ruoli reificati. Per incidens, conosco donne che hanno due palle quadrate e uomini talmente effemminati da sembrare caricature. Così come conosco infinite configurazioni tra coppie etero (qualcuno tempo fa mi diceva in seduta: in realtà mia madre mi ha fatto da padre...e viceversa) e omosessuali. Conosco, infine, persone che un padre e/o una madre non li hanno mai avuti, entro legami di sangue. Talvolta queste assenze si sono trasformate in presenze talmente ingombranti da riempire di mitologia il proprio sentirsi vittime; in altre occasioni queste assenze hanno lasciato spazio alla costruzione di altri legami e riferimenti, nuove madri e nuovi padri riconosciuti dentro i più disparati incontri umani. 

Servirebbe, forse è il caso di sottolinearlo ancora, una funzione politica più matura e più al passo con i tempi. E una funzione psicologia altrettanto efficace.