giovedì 12 giugno 2014

Nel nome del padre...

Lo ricordo mentre da bambino ne avvertivo la presenza silenziosa: noi due nella stessa stanza, lui assorto nel lavoro domenicale che anche allora portava a casa; io riverso sul mio trenino elettrico. Sentivo il suo sguardo abbandonare i fogli colmi di appunti per posarsi sulle mie spalle, come una mano invisibile di cui percepisci il calore.
Sullo sfondo una musica che ti rovistava nell'anima, prima che nella mente, consentendoti di accostare, forse per la prima volta, emozioni contrastanti, ambigue e mutevoli. Dalla fascinazione alla paura e viceversa. Poi la malinconia e quel velo di strana, triste speranza. Erano i Pink Floyd di Julia Dream e di Time e di Shine on You Crazy Diamond; di Wish You Were Here e di One of These Days.

Poi li ho odiati di un amore profondo i Pink Floyd. Come si odia d'amore un padre quando hai 16 anni.

Lo ricordo che mi trascinava al cinema con lui, quando cinema significava ancora poter rivedere un film dopo un paio di lustri o più...Oggi se non muovi il culo entro una settimana ti tocca scaricarlo e vedertelo a casa. Comodo, sì, ma terribilmente privo sia di pathos che dell'odore strano delle seggiole di legno scuro...chissà quanti culi hanno preceduto il mio, pensavo a volte nella penombra. Magari quello di una bella donna...o quello ossuto e piatto di un vecchio qualunque. A sei anni avevo visto Duemilaunoodisseanellospazio almeno quattro volte. A quell'età non sai nemmeno che cazzo voglia dire duemilaunoodisseanellospazio. Ti sembra solo qualcosa da mandare a memoria tipo una filastrocca. Ma poi ti perdi un pò nell'infinito oltre Giove anche tu...a inseguire l'angoscia dell'ignoto...per poi rimuginare su cosa fosse quella roba colorata che mangiavano gli astronauti mentre parlavano con HAL (9000).  A sei anni HAL è solo AL, come una preposizione articolata che precede un qualche posto, o al (AL...) limite come Al Capone. Insomma ci devi mettere affianco qualcos'altro.
A sei anni ti viene in mente che forse chi ha fatto il film ne sappia su Dio molto più di te e molto, molto più di quelli che ti dicono che sta in cielo con la barba. Col cazzo...! Dio è un bellissimo, freddo, liscio monolito nero. E non sta in cielo, poveri illusi!!! Sta oltre...tra le stelle. E io le ho viste le stelle. Con mio padre.

Ricordo che alle mie domande su Dio rispondeva con quella vaghezza che non fa rima con trascuratezza. Non è che se ne fregasse, anzi. Era più un modo di lasciare spazio alla mia immaginazione, dandomi spunti per pensarci e guardandomi con occhi bonari.

Poi tempo fa ricordavo che era sparito, inghiottito dal lavoro, dalle frustrazioni, dalle sigarette e da qualche sogno di andare altrove. Forse l'aveva capito che questo paese sarebbe diventato una merda o forse sentiva quella che qualcuno chiama la mancanza della mancanza...Chissà. Fatto sta che come molti figli adolescenti l'ho odiato di un amore cieco e l'ho amato di un odio irremovibile.
Tempo fa ricordavo che mi stava sui coglioni. Poi sono cresciuto e ho provato a fare quello che non fai a sedici anni, perchè il tuo ruolo di adolescente in qualche modo te lo impone...Tra l'altro qualcuno una volta mi disse che l'adolescenza è solo non avere un posto dove andare a scopare...perchè prova a dirlo a uno di sedici anni che lavora in un'officina meccanica che è un adolescente e vedi se non ti sputa in un occhio o non ti tira dietro una chiave inglese.
Ma qualcun altro ha detto che l'adolescenza esiste e tu a sedici anni, se non hai una casa dove portarti una ragazza, l'adolescente lo devi fare. Un pò come il militare di una volta. Per incidens ho fatto anche quello. Nei vigili del fuoco. A Roma. Grazie allo zio dell'amica della nonna di nonsochicazzo. E' stata la prima e l'ultima volta che mi sono fatto raccomandare.

Dicevo: ricordavo che mi stava sui coglioni. Oggi ho quarant'anni. E a quarant'anni capisci meglio il senso dell'ambiguità e delle sfumature. E ti chiedi anche: perchè quella volta non sono andato io da lui invece di sbattere la porta della cameretta come un cretino?

Prima che morisse di cancro, prima che il medico X lo trattasse come un protocollo, ci siamo silenziosamente perdonati molte cose. Quella mano invisibile di cui scrivevo molto più su ce la siamo reciprocamente appoggiata su una spalla. Ho visto la paura nei suoi occhi mentre sapeva che se ne sarebbe andato presto...e poi quel sorriso di triste speranza come una vecchia canzone degli Alcest.

Quello sguardo me lo porto dentro e lo ricordo ogni giorno...A volte mi sembra di vederlo negli occhi di qualche persona che mi siede di fronte, in seduta...E quando piove e corro da solo, guardo il cielo...e oltre, per ricordarmi le stelle che guardavamo insieme in duemilaunoodisseanellospazio.

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